Danni non patrimoniali da reato
Il danno quale concetto giuridico è legato alla necessità di ciascun individuo di soddisfare e tutelare taluni propri bisogni. Siffatti bisogni costituiscono un bene inerente la persona stessa dell’individuo.
Tali beni possono consistere in una cosa materiale o essere immateriali, ossia insuscettibili di valutazione economica.
In tal senso, in diritto, si distingue tra danni c.d. patrimoniali e danni c.d. non patrimoniali.
Il sistema risarcitorio si presenta dunque quale sistema bipolare, diviso tra danni patrimoniali e non patrimoniali.
In questo articolo ci concentreremo sul danno non patrimoniale.
E’ la Cassazione che ci rende la definizione del danno non patrimoniale descrivendolo quale “lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica” (Cass. Sez. Un. n. 26972/2008).
E’ invece il Codice civile che ci indica i casi in cui la lesione di siffatti interessi genera il diritto a chiedere il risarcimento.
L’art. 2059 c.c. infatti recita: “Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge”.
I casi previsti dalla legge sono:
- quando il danno è causato da un fatto illecito integrante gli estremi di un reato (es. diffamazione, maltrattamenti, stalking). L’art. 185 c.p. prevede infatti che “ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui”;
- nelle ipotesi espressamente previste dalla legge quali ad esempio da lesioni personali conseguenti ad un sinistro stradale causato da un veicolo soggetto all’obbligo di assicurazione della responsabilità civile (art. 138 e 139 d.lgs n. 209/2005), dalla violazione del diritto di autore (art. 158, comma 3, legge 633/1941);
- quando il danno ha leso un diritto della persona costituzionalmente garantito, così fornendo unalettura dell’art. 2059 c.c. costituzionalmente orientata (Cass. Sez. III n. 8828/2003).
Occorre però sempre tener conto che ai fini della risarcibilità, il danno deve eccedere una certa soglia di offensività e dunque il pregiudizio non deve essere futile (Cass. Sez. Un. n. 26972/2008).
Come visto è la stessa legge (art. 2059 c.c. e art. 185 c.p.) che prescrive la risarcibilità dei danni non patrimoniali, oltre che dei danni patrimoniali, ove siano occorsi dalla commissione di un reato.
Tanto il risarcimento del danno non patrimoniale che del danno patrimoniale può essere richiesto sia all’interno del procedimento penale mediante la costituzione di parte civile, sia proponendo apposita azione dinanzi al giudice civile.

Il reato di maltrattamenti in famiglia e il risarcimento del danno
Una delle ultime pronunce della Cassazione, che tratta il tema del danno non patrimoniale quale lesione scaturente dalla commissione di un reato, è la Sentenza n. 30992/2023, pronunciata dalla Terza Sezione Civile.
In tale Sentenza, la Suprema Corte si occupa della richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale causato dalla commissione da parte del marito di maltrattamenti in famiglia ai danni della moglie, tali da far vivere quest’ultima per lunghi 10 anni in uno stato psicologico di terrore.
La Suprema Corte si trova a dettare le regole del rapporto tra il giudicato penale di condanna che rinvia al giudice civile per la quantificazione del danno patrimoniale e non, e di come la domanda risarcitoria debba essere articolata in sede civile affinché si dia prova del danno.
Orbene, i motivi del ricorso per Cassazione promosso dal marito pongono il dubbio sugli effetti del giudicato penale, irrevocabile, nel giudizio civile, ove la sentenza di condanna per maltrattamenti preveda solo una generica condanna al ristoro dei danni, di per sé atta a non acquisire valore di giudicato.
In altre parole, si chiede alla Corte se il giudice civile può ritenere provato il fatto generatore del danno, nonché l’esistenza del danno medesimo, facendo riferimento esclusivo alle prove emerse nel procedimento penale conclusosi con sentenza passata in giudicato o se debba procedere a nuova istruttoria e solo successivamente ed in ultimo alla quantificazione del danno.
I Supremi Giudici affermano a tal proposito che spetti al giudice penale accertare il fatto di reato e il danno evento conseguente, ossia l’accadimento storico del danno, attraverso la ricerca del c.d. nesso causale materiale.
Al contrario, spetta al giudice civile accertare che dal danno evento sia derivato il danno conseguenza, ossia le conseguenze dannose dell’illecito (art. 1223 c.c.), secondo le regole del nesso di causalità giuridica.
Sintetizzando, la sentenza penale può limitarsi ad accertare la potenzialità dannosa del reato (ossia il nesso materiale tra il fatto e il danno evento), mentre spetta al giudice civile pronunciarsi sulla consistenza delle conseguenze pregiudizievoli e dunque sul quantum risarcitorio del danno (c.d. danno conseguenza, liquidazione del danno) previa verifica del nesso giuridico (Cass. n. 8477/2020; Cass. n. 2040/2023).

Gli effetti della sentenza penale di condanna nel procedimento civile di risarcimento
La Corte di Cassazione conclude, dunque, statuendo che il giudice civile, investito della domanda di risarcimento del danno patrimoniale e danno non patrimoniale, ben può utilizzare, seppur senza esserne obbligato, come fonte del proprio convincimento le prove raccolte nel procedimento penale, chiuso con sentenza passata in giudicato.
In tal caso, con obbligo di valutare criticamente le risultanze probatorie, quali mezzi di prova, con pienezza di cognizione ai fini di accertare i fatti materiali alla base delle liquidazione del danno non patrimoniale.
Come l’avvocato può essere d’aiuto
Se è possibile ritenere che in particolare per taluni reati vi sia l’automaticità del riconoscimento del danno non patrimoniale, che il più delle volte viene liquidato in via equitativa sottoforma di danno morale; è altresì ricorrente l’ipotesi che dal fatto di reato si siano avverate conseguenze di danno ulteriori, qualificabili in termini di danno biologico e/o esistenziale.
L’assistenza di un avvocato penalista o di un avvocato civilista che lavorino in team in tali casi è fondamentale, al fine di strutturare la domanda risarcitoria, nel rispetto dell’onere probatorio che grava sull’attore, ovvero sulla parte danneggiata richiedente.